SENSIBILITA’ VEGETALE
Importanza delle piante. Siamo
totalmente dipendenti dalle piante, ma sembra facciamo di tutto per
dimenticarlo. Se le piante scomparissero, la vita dell’uomo durerebbe poche
settimane, se scomparissimo noi, in pochi anni le piante riprenderebbero
possesso del pianeta. La distribuzione della biomassa del pianeta è 99.7%
vegetali e 0.3% animali. Come si vede chiaramente da una piramide alimentare,
le piante sono alla base della nostra sopravvivenza.
Siamo
loro debitori per l’ossigeno, per l’energia (legno, carbone, gran parte del
petrolio e di altri combustibili fossili), per le medicine (quasi tutte le molecole medicamentose provengono dal
mondo vegetale direttamente o sono copiate da esso), effetti terapeutici dell’ambiente ricco di vegetali. Il dato più
eclatante anche se noto a tutti è che la sopravvivenza
degli uomini è basata su 6 piante: canna da zucchero, mais, riso,
grano, patate, soia.
Ricordiamo
che a livello genetico il patrimonio vegetale ha la stessa complessità di quello animale, anche se l’organizzazione ha
seguito modalità diverse. La pianta è una colonia,
in essa le funzioni non sono legate agli organi. I vegetali respirano senza
avere polmoni, si nutrono senza avere una bocca, stanno in piedi senza avere
uno scheletro, e prendono decisioni senza avere un cervello. La mancanza di
organi specifici si rivela essere una grande risorsa quando la pianta mostra di
sapersi ricostruire completamente ripartendo da un piccolo pezzo (5%).
Sensi. Le piante hanno 5 sensi come noi
e in aggiunta altri 15 specifici.
Vista Essendo la luce l’alimento
principale della dieta energetica basata sulla fotosintesi, la vista è la
facoltà più sviluppata. Essere in luce significa ricchezza e la pianta ha
recettori dappertutto, più concentrati nelle parti verdi. In autunno le
caducifoglie chiudono “gli occhi” e chiedono riposo come fanno gli animali che
vanno in letargo. E sanno farlo in modo intelligente, ad esempio alcune
caducifoglie in Piemonte perdono le foglie, in Liguria no.
I
recettori delle piante captano le onde elettromagnetiche della luce visibile e
invisibile (UV e IR), ma la visione non è per immagini, ma con elaborazione di
reazioni.
Olfatto Serve per ricevere informazioni
dall’ambiente e per comunicare con altre piante o insetti. Emettono odori che
attirano animali, percepiscono i loro stessi odori e quelli delle piante vicine
(che sanno comunicare se sono state potate o aggredite da un predatore). Gli
odori prodotti sono il loro vocabolario e siccome ogni profumo emesso costa in
termini energetici, viene utilizzato solo per realizzare un’azione importante. I recettori sono sparsi
su tutta la pianta come serrature e gli odori sono le chiavi; quando la chiave
giusta tocca la serratura, questa si apre e fa scattare l’informazione olfattiva.
Si sa da tempo che ogni angiosperma produce un odore suo per chiamare gli insetti impollinatori.
Oggi si sa che c’è una molecola -il metilgiasmonato- che significa “SOS, non
sto bene” ed è uguale per tutte le piante; ciò mette davanti al dubbio se esiste
una lingua unica o se il messaggio è unificato perché è di emergenza. Gli
alberi comunicano l’attacco di fitofagi attraverso l’emissione di ferormoni. Il
fagiolo di Spagna, se attaccato da scarabei, secerne nettari che attraggono
nemici degli scarabei. La maggior parte delle piante, quando aggredite da
batteri e virus, produce acido salicilico (aspirina naturale) come ormone offensivo
e difensivo per rafforzare il sistema immunitario.
Nel
rapporto tra piante e animali, il ruolo più importante è svolto dagli odori che
inducono gli impollinatori a visitare i fiori e gli spargitori di semi a
visitare i frutti.
Gusto E’ strettamente connesso
all’olfatto. Le radici sono ricche di recettori di sostanze chimiche, è così
che riescono a indirizzarsi verso gli alimenti giusti. C’è una pianta
brasiliana con foglie sotterranee adesive cui rimangono incollati e poi
digeriti vermi nematodi, utili per integrare una dieta povera di Azoto. E sono note a tutti le “gesta”delle piante
Carnivore.
Tatto Esistono organi detti ”canali
meccanico-sensibili” localizzati prevalentemente in cellule epidermiche che si
attivano quando la pianta tocca qualcosa o è raggiunta da vibrazioni. La
risposta può essere tattile passiva o tattile attiva. La Mimosa pudica o
sensitiva non si chiude se viene bagnata o scossa dal vento, ma solo se viene
proprio toccata (tattilità passiva). La tattilità attiva è prerogativa delle
radici. L’apice radicale tasta e aggira l’eventuale ostacolo per superarlo. In
talune piante anche la parte aerea ha tattilità attiva, è il caso delle
rampicanti e di quelle che producono viticci (Pisum). Alcune piante se vengono
toccate non crescono (tigmomorfogenesi) ed è per questo motivo che le piante esposte alle
intemperie “boinsaizzano”. Quando una pianta viene maltrattata non prova dolore
ma registra nella memoria.
Udito Le onde sonore, essendo onde
meccaniche, viaggiano nel terreno ancora meglio che nell’aria e sono gli stessi
canali meccanico-sensibili ad intercettarle. Su queste osservazioni è nata a
Montalcino l’agricoltura fonobiologica: frequenze sonore basse (100-500 Hz)
favorirebbero la germinazione dei semi, l’accrescimento delle piante,
l’allungamento della radice, mentre frequenze alte avrebbero effetto
inibitorio.
Altri
15 sensi sono localizzati nelle
radici o nelle foglie; i principali sono dedicati alle funzioni vitali della
pianta:
-umidità
del terreno (specie di igrometri)
-gravità
-campi
elettromagnetici (influenzano la crescita)
-misuratori
di gradienti chimici contenuti nell’acqua e nel terreno.
La
pianta è in grado di avvertire presenza di stimoli o sostanze anche a metri di
distanza, la radice “fiuta” la sostanza, se la giudica appetibile si accresce fino
a raggiungerla, se nociva come nel caso di Pb, Cd o Cr, se ne allontana. Le
piante sono anche in grado di assorbire e metabolizzare sostanze per noi
dannose e trasformarle in piccole molecole innocue (ad rsempio il
tricloroetilene solvente industriale trasformato dalle piante in Cl, CO2, H2O).
Tale processo è noto col nome di Fotorimediazione.
La comunicazione nelle Piante
Come
all’interno degli Animali scorrono canali idraulici ed energetici anche
all’interno delle piante abbiamo canali di comunicazione. Esiste un sistema idraulico chiuso che come il
nostro avverte le perdite e cicatrizza le ferite. Funziona attraverso i fili
del sistema vascolare, Legno per la salita e Libro per la discesa dei
liquidi. Qui scorre l’informazione
elettrica (veloce) che regola anche l’equilibrio tra CO2 e H2O, con conseguente
apertura e chiusura degli stomi, come pure quella chimico-ormonale (lenta).
Tra
le piante esiste un linguaggio che è
prevalentemente chimico, ma anche tattile.
Migliaia
di molecole sono liberate nel terreno o nell’aria per distribuire informazioni,
messaggi tattili sono messi in atto da radici e chiome per sfidare altre piante
a non entrare nel territorio. Esiste una “timidezza delle chiome” che riguarda
prevalentemente Fagacee, Pinacee, Mirtacee che non intrecciano le chiome
neppure fra loro.
Esperimenti
del 2007 hanno mostrato come le piante abbiano comportamento diverso nei
confronti di specie estranee (sviluppo delle radici per conquistare più
territorio) e con parenti nel qual caso si limitano a sviluppare solo la parte
aerea.
Esistono
però delle collaborazioni tra vegetali
come la micorrizia (tra funghi e vari tipi di alberi) in cui l’albero sa
distinguere tra funghi collaborativi e non, o la simbiosi virtuosa tra
Leguminose e batteri azotofissatori. A tal proposito è interessante notare
come, se la ricerca si sviluppasse in tal senso, si potrebbe avere un mondo
senza concimi con risparmi non solo economici ma in termini di inquinamento dei
terreni, dei fiumi e dei mari.
La comunicazione tra Piante e mondo
esterno
Le
vie di comunicazione sono l’aria, l’acqua, gli animali.
La
pianta chiede aiuto per difesa, per la continuazione della specie.
Se
attaccata da insetti, la pianta produce dissuasori chimici prima nelle zone
limitrofe all’offesa, poi in tutto il corpo vegetale. Esiste una strategia
ancor più raffinata attuata da Lima bean che se attaccato da acari erbivori
produce una sostanza che attrae acari carnivori che lo libereranno dai suoi
predatori.
Sono
pochissime le piante che si autoimpollinano, tutte le altre necessitano di
aiuto per la continuazione della specie. Esiste una impollinazione spontanea
che si avvale del vento e una indotta che si serve di insetti, uccelli, altri
animali. Le piante per attrarre mettono sul mercato tutto. In primis colore e
profumo dei fiori e poi nettare. Esiste anche la fedeltà di bottinamento che dura
un giorno grazie alla quale un insetto è fedele alla specie che ha bottinato la
mattina. Se ciò non fosse non esisterebbero mieli monofloreali.
Per
l’efficace continuazione della specie è indispensabile anche il trasporto dei
semi, anche qui affidato al vento o agli animali (uccelli, mammiferi, pesci,
formiche) che le piante attirano in vari modi. Per attirare certe formiche
alcune piante corredano il seme di palline di grasso di cui le formiche sono
ghiotte, i semi storati sotto terra verranno portati in luogo ottimale per la
germogliazione.
Un
Nepenthes collabora con formiche che tengono pulitissima e scivolosissima la
trappola su cui si poggeranno le prede della carnivora.
Memoria Non si tratta di ricordi come
li intendiamo noi, ma risposte sia a breve termine, sia ritardate, ad
avvenimenti occorsi in precedenza. La pianta ha memoria sia procedurale,
algoritmica (attorcigliamento ad un tutore), sia a breve termine (la Dionea
carnivora aspetta che il secondo pelo venga toccato prima di chiudere gli
ascidi), sia a lungo termine (trauma dei cotiledoni del Lino).
Sonno
Aristolele
si chiedeva se gli animali dormissero. Oggi sappiamo che mammiferi e uccelli
dormono e nel 2000 alla lista degli insetti si è aggiunta la Drosofila, il
moscerino della frutta.
Linneo
nel 1755 scrisse Somnus plantarum. Aveva
impiantato un giardino-orologio la cui visitazione suggeriva l’ora attraverso
l’osservazione del comportamento delle piante. Durante le ore notturne lo
spinacio raddrizza le foglie verso la sommità dello stelo, il fagiolo e il
lupino le flettono verso il basso, il trifoglio e il loto riuniscono le foglie
intorno al fiore, le ossalidi chiudono le foglioline cuoriformi lungo la
nervatura centrale. In generale le piante tendono a far assumere alle foglie la
posizione che avevano nel germoglio, proprio come gli animali tendono ad
assumere la posizione fetale. Dormono più a lungo in tenera età che nello
stadio adulto.
Intelligenza vegetale È un tema molto
controverso anche tra i botanici stessi. Alla radice della questione sta la
definizione di intelligenza. Partendo dall’osservazione che le piante hanno
circolazione anche senza un cuore, una respirazione senza polmoni, una
assimilazione senza stomaco, ci si è chiesti se possono vantare una intelligenza
anche senza cervello. È nata una
scienza, la neurobiologia vegetale che, pur consapevole che le piante sono
prive di un sistema
nervoso, vede nelle piante degli esseri che possono calcolare, scegliere,
apprendere e memorizzare. Già nel 1880,
Charles Darwin, nel suo
libro “The power of movement in plants”
scriveva degli apici radicali: «Non è una esagerazione dire che la punta delle radici, avendo il potere
di dirigere i movimenti delle parti adiacenti, agisce come il cervello di un animale
inferiore; il cervello essendo situato nella parte anteriore del corpo riceve
impressioni dagli organi di senso e dirige i diversi movimenti della radice».
Le radici percepiscono gli stimoli ambientali, decidono le direzioni da
prendere e infine il movimento finale. Un secolo dopo, oggi si parla di
“root-brain hypothesis” o cervello radicale.
L’intelligenza è una proprietà della
vita e, tra i viventi, le differenze sono di ordine quantitativo, non
qualitativo. Se l’intelligenza è la capacità di risolvere problemi, dovremmo
essere pronti a riconoscere che non è certo nostra esclusiva prerogativa, ma è
comune a tutte le specie del mondo animale e vegetale.
E’ del 2008 il documento emanato dal
Consiglio Federale Elvetico con titolo “La dignità degli esseri viventi con
particolare riguardo alle piante”.
E’ interessante che qualcosa si muova,
anche se è triste notare che la biologia oggi si trovi in una situazione
precopernicana (p35).
Concludiamo le nostre riflessioni con le
parole di Chamovitz: “Così, la prossima volta che vi ritrovate a passeggiare
attraverso un parco, soffermatevi un istante a domandarvi: cosa vede il dente
di leone nel prato? Che cosa annusa l’erba? Toccate le foglie di una quercia,
sapendo che l’albero ricorderà di essere stato toccato. Ma non si ricorderà di
voi. D’altro canto, voi siete in grado di ricordare questo particolare albero e
di conservarlo per sempre nella vostra memoria.”