FOGLIE
FOLIAGE
Il fenomeno del «autumn foliage » o « foliage » , cambio di colore delle foglie d’autunno, è una trasformazione che interessa le foglie verdi di molti alberi e arbusti a foglia caduca. Per i paesi della fascia temperata esso è centrato sul mese di ottobre nell’emisfero nord e sul mese di maggio nell’emisfero sud. È molto evidente negli Stati Uniti, in Canada, in Giappone, meno nei paesi Europei che hanno conservato un minor numero di specie arboree dopo le glaciazioni.
Nei paesi americani anglosassoni, in riferimento a questo periodo autunnale, si parla di indian summer, estate indiana, per l’eplosione di colori che arriva a dare una sensazione di vera ebbrezza cromatica. I colori delle foglie autunnali contano varie tonalità di rosso, giallo, arancio, rosa, viola, marrone, nero. I colori sono legati a molecole di pigmenti che svolgono funzioni fotoprotettive e antiossidanti in un periodo in cui la progressiva riduzione delle reazioni fotosintetiche vede la pianta più vulnerabile e invasa da radicali e sostanze ossidanti.
Che significato ha per la pianta questo viraggio di colori? La foglia verde conta un buon numero di pigmenti, ma su tutti il pigmento verde, detto clorofilla, domina, mascherando pigmenti gialli (xantofille) e arancio-marroni (caroteni) molto stabili e non degradabili dalla luce. Quando l’albero si prepara al riposo invernale demolisce il pigmento più prezioso, la clorofilla che è più instabile e sensibile a temperatura e luce, senza riformarne di nuova. L’albero richiama a sé la clorofilla e smista i suoi componenti, immagazzinandoli nelle radici, nei rami, nel fusto, in attesa della primavera. Prima di cadere le foglie rivelano i pigmenti gialli e arancio invisibili prima, e si dice che le foglie ingialliscono. Sono gli stessi pigmenti di molti prodotti vegetali e animali come carote, agrumi, albicocche, banane, giunchiglie, tuorlo d’uovo, piume di uccelli. Questo è il cambiamento tipico di larici, aceri da zucchero, betulle, frassini, pioppi, ginkgo…
Ma quando circa la metà della clorofilla è consumata e nella cellula abbondano gli zuccheri provenienti dalla sua decomposizione, in alcune specie vengono prodotti ex novo dei pigmenti rosso-violacei ad azione antiossidante, gli antociani, filtri solari potenti, tanto da mascherare la clorofilla ancora presente. Le ragioni più accreditate sono: fotoprotezione della pianta durante il periodo di recupero di nutrienti e coevoluzione per cui la colorazione rossa di foglie e frutti scoraggerebbe afidi e altri insetti da scegliere quella pianta per la stagione avversa, mentre attirerebbe uccelli disseminatori. In alcuni casi la produzione di antociani è associata a quella di fenoli, indigesti per alcune specie di erbivori. La produzione di antociani è massima durante i giorni autunnali limpidi e freschi, con notti asciutte e fredde ma non di gelo. Così si colorano in rosso molti aceri, querce, ciliegi, caki, la vite americana e il sommacco. Combinati con xantofille e caroteni persistenti nella foglia, fanno assumere colorazioni fantastiche all’autunno.
Gli antociani svolgono un ruolo importante anche in piante giovani o con getti nuovi, proteggendole dai raggi ultravioletti quando la produzione di clorofilla si sta avviando. L'intera pianta può assumere una colorazione rosso-brunastra (come per esempio i nuovi getti delle rose in primavera), che si riduce man mano che la produzione di clorofilla va a regime. Sono gli antociani i responsabili dei colori rossi e blu di frutti come fragole, lamponi, ciliegie, prugne, ribes, mirtilli, uva nera, mele rosse (ricordiamo alcune mele metà rosse e metà verdi, rosse nella parte rivolta alla luce!) e frutti rossi in generale. Sono presenti solo nelle piante superiori subaeree e non nel mondo animale.
La caduta delle foglie avviene quando si è completato il trasferimento delle sostanze nutritive dalla foglia alla pianta. Nel punto di contatto tra picciolo e ramo si formano strati di cellule composte da lignina che si dispongono trasversalmente all’asse del picciolo per sigillare la “ferita” al momento della caduta della foglia (se la ferita rimanesse aperta potrebbe diventare una facile via d’accesso verso la pianta per organismi patogeni). Oltre a questa barriera fisica la pianta produce, sempre in corrispondenza del punto di scissione, una barriera proteica ad azione antimicrobica.
Infine il colore marrone-bruno che assumono quasi tutte le foglie prima di cadere non è dovuto a pigmenti, ma alle pareti delle cellule rimaste ormai prive di contenuti vitali. FIORE
Per
qualunque essere vivente la funzione essenziale è riprodursi allo scopo di
perpetuare la propria specie, quindi la vita. Nel mondo vegetale si hanno più
sistemi riproduttivi. Nelle piante evolutivamente inferiori la riproduzione
avviene tramite versamento delle cellule riproduttive nell’acqua, nell’aria o
sul terreno (come nei funghi e nelle felci). Il fiore appare solo con le specie
vegetali più evolute, quelle che si sono presentate sulla terra per ultime e
facenti parte della Famiglia delle Angiosperme (dal greco: “seme protetto”).
La
storia del fiore è antica e affascinante, inizia circa 200 milioni d’anni fa
quando il mondo vegetale era dominato da felci e gimnosperme. Da questo momento
due avvenimenti hanno fatto da trampolino di lancio per l’avvento del fiore: una
nuova forma e vascolarizzazione della foglia e il trasferimento verso le zone
apicali dei rami delle cellule riproduttive.
Le foglie si allargarono e i loro vasi si strutturarono con una
nervatura centrale. Successe che alcune di queste foglie prossime alla parte
apicale dei rami si ripiegassero su se stesse seguendo la nervatura centrale e
nel chiudersi inglobarono alcune cellule riproduttive. Si era così formato il
primo gineceo composto da un solo carpello sormontato da stillo e stigma.
Nell’intorno di questo primitivo gineceo insisteva un protoandroceo con gameti
maschili. All’inizio ginecei e androcei erano scoperti e talmente piccoli che i
loro resti fossili si possono osservare solo al microscopio. Successive fasi
evolutive hanno portato alla formazione del calice o primo verticillo seguito
dalla corolla o secondo verticillo. Con l’evoluzione si accorparono più
carpelli e si invaginarono in un vero e proprio ovario. Nel frattempo i gameti
maschili si organizzarono in un androceo costituito da stami disposti attorno al
gineceo. Così il fiore assunse la sua forma moderna, ma in natura sono ancora presenti
tutte le tappe evolutive che hanno portato a questo risultato. Il fiore moderno
contiene quindi sia cellule maschili che femminili; queste ultime sono conservate
in un ovario baricentrato e protetto dai verticilli di corolla e calice. Perché
la nuova struttura,il fiore, è risultata vincente? Alla loro comparsa i fiori
furono subito investigati dagli insetti i quali iniziarono a essere un nuovo
vettore dei pollini. Fu così che s’innescò quella che viene chiamata una
coevoluzione tra il fiore e l’insetto. Al fine di attrarre sempre più insetti
il fiore si dotò di forme giganti, colori sgargianti, profumi invitanti e
nettari deliziosi. Dunque possiamo già dire che se una angiosperma ha un fiore
insignificante la sua impollinazione avviene tramite vento, terra o acqua se
invece il fiore è grande colorato e profumato allora ha necessità degli insetti
per riprodursi. I fiori insignificanti sono solitamente caratteristici delle
piante con frutto secco, mentre i bei fiori caratterizzano le piante erbacee di
breve durata. Questa regola ha opportune eccezioni negli alberi a frutto
carnoso detti anche alberi da frutto e alberi tropicali come Jacaranda, Kapoc,
Bauhinia, Artiglio del diavolo o locali come Ippocastano.
Quello
che è successo al Regno vegetale è avvenuto anche in quello animale, anche qui
l’evoluzione porta da una iniziale dispersione delle cellule riproduttive
nell’ambiente prima acquatico poi aereo, a forme sempre più specializzate ed
evolute di protezione delle cellule femminili che nei mammiferi porta ad una
fecondazione interna, la riduzione del numero di semi e l’allevamento del seme
fecondato non già nell’ambiente esterno (uova), ma dentro il corpo della madre.
Tutto ciò fa sì che i mammiferi siano la Classe zoologica più evoluta.
FRUTTO
Nel
fiore l’ovario racchiude le cellule femminili dette Ovuli che, una volta
fecondati dal polline, si trasformeranno in Semi. Nel caso più semplice e
comune l’Ovario si trasforma in Frutto. Esso è carnoso se durante la
trasformazione le pareti si arricchiscono di sostanze di riserva, altrimenti è
secco. In molte piante con frutti carnosi l’arricchimento coinvolge altre parti
del fiore oltre l’ovario, come ad esempio il ricettacolo e i prodotti si
chiamano Falsi Frutti (derivanti da fiori con ovario infero come mela, pera,
melograno) o Frutti Composti (derivanti
da un solo fiore con più ovari come fragola, lampone), fino ad arrivare a tutta
l’infiorescenza che si trasforma in Infruttescenza (ad esempio mora del gelso,
fico).
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