PREMESSA STORICO-GEOGRAFICA
Il fascino, forse addirittura la magia, del cibo risiede nelle tre valenze che è capace di porre in atto contemporaneamente:
- senso di appartenenza, reminiscenza, tradizione che ci radicano al nostro passato
- convivialità, condivisione che ci stabilizzano nel presente
- interesse verso il nuovo alla scoperta di ciò che non conosciamo, aprendo il nostro sguardo verso il futuro.
La potenza di questi stimoli lavora a vari livelli anche se si manifesta diversamente in ciascuno di noi.
Partendo dalla preistoria, osserviamo che l’uomo primitivo aveva un’alimentazione basata su adattamento e opportunismo ai fini della sopravvivenza. L’Homo habilis (2 Ma fa) africano, nomade, cacciatore e raccoglitore, era onnivoro. Con le mani, o utilizzando semplici utensili di pietra, estraeva tuberi e radici dal terreno e aveva imparato a raccogliere i giusti frutti, il miele e a cacciare animali di piccola taglia. L’Homo erectus (1,8 Ma fa) scoprì e utilizzò il fuoco e cacciava animali anche di grossa taglia. A partire da 300.000 anni fa, nella Mezzaluna Fertile (la terra tra il Tigri e l’Eufrate), l’Homo sapiens avviò i processi di allevamento e agricoltura, addomesticò maiali, capre, pecore, bovini, coltivò legumi, tuberi, cereali come orzo e grano. Con la cottura, sia le carni che i vegetali diventavano più digeribili e l’energia risparmiata nella digestione andò a migliorare le facoltà intellettive. Cucinare è attività umana per eccellenza e segna il passaggio dalla fase cibo-natura a quella successiva che potremmo chiamare cibo-cultura.
Gli alimenti venivano prima cotti in buche nel terreno, poi nei primi contenitori in ceramica. Già a partire da 14.000 anni fa le tecniche in uso erano abbastanza simili alle nostre. Sull’uso del sale per la conservazione delle carni e sulla vinificazione ci sono testimonianze già nell’8000 a.C. Per quanto riguarda i latticini, nella storia è avvenuta una grossa dicotomia che ha portato il mondo asiatico a una forte percentuale (90%) di individui intolleranti al lattosio. La lattasi, enzima responsabile della digestione del lattosio, è abbondante nei neonati di tutte le etnie, ma tende a ridursi o scomparire con l’età. Occidente, Medio Oriente e Africa preistorici erano fortemente legati ad allevamento e pastorizia; chi riusciva a utilizzare latticini era scelto dalla selezione naturale, il che portò a una mutazione genetica, avvenuta intorno a 5000 anni a.C., che permise di continuare a sintetizzare anche in età adulta l’enzima lattasi. Ecco la causa della differenza tra etnie oggi.
Nel Neolitico (da 8000 a.C. a 3500 a.C circa) si scoprì il fenomeno della fermentazione, che permise la produzione di pane lievitato (originario dell'Antico Egitto). Iniziò anche la produzione di bevande alcoliche come la birra, originaria della Mesopotamia, l'idromele e il vino. La prova più antica della produzione di vino è stata trovata in Armenia (4.100 a.C. circa) con la scoperta della più antica cantina. Sumeri e Babilonesi, come pure gli Egizi, prediligevano la carne ovina e rifiutavano quella suina, come oggi fanno Ebrei e Arabi.
Nell’Antica Grecia l’alimentazione fu piuttosto frugale, basata su cereali, olio di oliva, vino, la triade mediterranea, con aggiunta saltuaria di animali come maiali, lepri, uccelli, pesci e frutti di mare. Con le religioni orfica e pitagorica compariva il vegetarianismo.
Nell’Antica Roma in età imperiale si arrivò a una cucina esuberante e artificiosa dove si trovavano manzo e agnello, maiale e cinghiale, cervo e lepre, tonno e sgombro, uova e lenticchie in salsa di miele, mosto, aceto con spezie accompagnate dall’immancabile garum, salsa liquida di pesce fermentato.
Passando all' Oriente e in particolare alla Cina, l’alimentazione si basava, a Nord su legumi come la soia, a Sud su cereali come il riso e il panico (simile al miglio) che si diffuse in India e nel Medio Oriente. La prima attestazione dell’uso della soia in Cina risale al primo millennio a.C., tale uso si affermò tra i ceti superiori solo quando si iniziò a fermentarla. La soia, in tutte le sue forme e preparazioni, è da sempre un'importante fonte di proteine per i cinesi. In Cina nacquero le prime incubatrici per produrre pulcini. I cibi venivano consumati usando le mani e i primi strumenti, le bacchette, comparvero nel periodo Shang verso il 1500 a.C.
I vegetali venivano consumati crudi, cotti o fermentati per ottenere anche bevande. Un testo di medicina cinese, risalente al Periodo dei Regni Combattenti (V-III sec a.C.), enumera come base del nutrimento 5-6 tipi di semi (miglio/panico, grano/orzo, soia, canapa, riso). Vengono inoltre elencati come complementari 5 frutti (pesca, prugna, albicocca, caki, giuggiola), 5 verdure (malva, vegetali verdi, scalogno, cipolla, porro), 5-6 animali (bovini, ovini, suini, equini, pollame e uova, cani). Il basso consumo di carni in Asia fece escludere dalla cucina i grassi animali come il burro e a utilizzare oli vegetali come quello di soia.
Nel nostro Medioevo i cereali continuarono a essere cibo per i meno abbienti, mentre la dieta e la cucina delle élite, sia a nord sia a sud delle Alpi, furono prevalentemente ed elettivamente a base di carne. I cereali usati erano grano, orzo, miglio e farro. Le Crociate in Terra Santa e l’individuazione delle spezie furono la chiave di un nuovo motivo di supremazia e le spezie diventarono veri e propri status symbol. Marco Polo e il Milione accrebbero l’interesse per l’esotico e ciò che rappresentava. Successivamente però, pur non rinunciando al primato delle carni, alle cotture multiple, al gusto dolce-salato e alle miscele di erbe e spezie, si valorizzarono le verdure e la cucina accolse preparazioni di origine popolare (minestre, torte senza sfoglia, frittelle), fece uso di salse meno ricche e, più in generale, optò per una relativa linearità e sobrietà.
In Europa si distinsero presto l’area burro-birra (Germania, Olanda, Belgio, Nord della Francia, Gran Bretagna), e quella olio-vino (Italia, Sud della Francia, Grecia, Spagna). In età rinascimentale la potenza economica degli Stati si misurava nel controllo delle vie di commercio terrestre e marittimo. Arriviamo così all’epoca coloniale, il periodo storico durante il quale le potenze europee colonizzarono e stabilirono insediamenti nelle regioni extraeuropee del mondo. Questo periodo si estende approssimativamente dal XV secolo al XIX secolo e rappresenta un'importante fase di espansione territoriale, commerciale e culturale per molte nazioni europee. Durante l'epoca coloniale le potenze europee intrapresero spedizioni di esplorazione in tutto il mondo, scoprendo nuove rotte marittime, terre sconosciute e popolazioni indigene. Queste spedizioni portarono alla scoperta di nuovi continenti, come l'America, l'Africa e l'Asia, e alla creazione di imperi coloniali. Le potenze europee stabilirono colonie e insediamenti nelle regioni appena scoperte, spesso sfruttando le risorse naturali e sottomettendo le popolazioni indigene attraverso la forza militare e politica. Le colonie servirono principalmente come fonte di materie prime, manodopera e mercati per l'espansione economica europea. Questi scambi includono l'introduzione di nuove colture agricole, animali, lingue, religioni e tradizioni culturali nelle regioni colonizzate, così come l'influenza delle culture indigene sulle potenze coloniali. Verso la fine del XIX secolo e nel XX secolo molte colonie ottennero l'indipendenza dalle potenze coloniali attraverso movimenti di liberazione nazionale e decolonizzazione. Questo processo portò alla creazione di nuove nazioni indipendenti e al declino degli imperi coloniali europei, ma la cultura trasmessa continuò e continua a creare legami. La sua eredità continua a influenzare le dinamiche geopolitiche, sociali e culturali del mondo contemporaneo. La colonizzazione europea delle Americhe consegnò al “Vecchio Mondo” una serie di nuovi prodotti alimentari, sia vegetali (mais, girasole, peperone, patata, fagiolo, pomodoro e cacao), sia animali (tacchino e trota iridea) con cui sbizzarrirsi con risultato di una cucina varia, ma anche maggiormente artificiosa.
Avviata nella Francia dell'epoca dei Lumi, nei primi decenni del Settecento e fiancheggiata da un vivace dibattito scientifico e filosofico, la riforma della cucina scoprì gli alimenti freschi, le verdure, le erbe aromatiche, le salse delicate. La frase di Toscanini “la zuppa di cavolo deve sapere di cavolo, quella di cipolla deve sapere di cipolla” è adatta a rappresentare tale tendenza. Nella nostra Era, le guerre napoleoniche prima, e i movimenti indipendentisti europei, che a partire dal 1830 scatenano migrazioni di massa, contribuiscono a un forte interscambio di usi e costumi. Per esempio, dalla penisola britannica si diffonde il whisky, dall’Italia la pizza e e l’olio d’oliva, dal Giappone il sushi e il ramen, dalla Turchia il doner-kebab, dall’India il curry e la tikka, dalla Cina il dimsum (snack di carne o pesce o verdure dolci o salati) e l’anatra laccata, dal Vietnam la “soupe pho” (brodo di carne con pasta lunga e verdure crude da aggiungere al momento). Dall’America Centrale arrivano in Europa e in Asia i fagioli e il peperoncino con costi assai ridotti rispetto al pepe. Un grande ruolo ebbero le Esposizioni Universali a partire dal 1851 (prima esposizione universale ad Hyde Park, Londra), dove i vari paesi mirarono a stabilire le paternità su prodotti che ormai potevano trovarsi anche altrove. Fu così che nel 1867 Parigi rivendicò la paternità su roquefort e allevamento di ostriche, all’Expo di Vienna nel 1873 la Turchia presentò i lokoum (dolci di amido e zucchero), gli USA risposero con la Fiera Colombiana nel 1893 a Chicago, e nel 1915 all’Expo di S.Francisco vennero presentati i corn flakes. Per tutto il ‘900 le guerre portano ulteriori cambiamenti nelle abitudini alimentari: da caffè a surrogato di cicoria, da tè derivante da infuso di foglie a tè a tè alla menta nel mondo arabo, da Coca Cola a Fanta in Germania, mentre gli Usa forniscono al Giappone sconfitto e affamato ramen non con riso, ma con spaghetti di frumento. Durante la seconda guerra mondiale la cucina europea era distrutta. Il poco cibo disponibile, per di più razionato, non consentiva di fare grandi cose tra i fornelli e la ripresa gastronomica dovette aspettare gli anni sessanta per riscoprire un forte dinamismo. Nel frattempo era avvenuta la rivoluzione degli imballaggi e con essa la scelta della marca. Si passò dal pane di zucchero allo zucchero in granuli avvolto in una carta blu tanto particolare da dare il nome alla nuance. Notiamo che il grande successo della Coca Cola (1916) fu dovuto non solo al gusto particolare, ma anche alla inusuale confezione e alla pubblicità. Negli anni’50 una squadra di calcio di Reims promosse un vino francese in bottiglia speciale etichettata Champagne…
Il boom economico successivo alla guerra portò in ogni casa il frigorifero, il forno, e altri elettrodomestici. Successivamente l'entrata della donna nel mondo del lavoro innescò un cambiamento nel modo di mangiare. Il tempo sempre più limitato per cucinare ha fatto sostituire i piatti di lunga preparazione tipo polenta, legumi, con fettine di bovino e petti di pollo da cucinare velocemente ai ferri. Dal canto suo anche l'editoria culinaria ha seguito questo fenomeno proponendo ricettari semplici, con un occhio sempre più attento all'aspetto calorico e dietetico. Dall’inizio degli anni settanta si ha una ripresa delle tradizioni regionali, col rilancio dell'artigianato alimentare locale. Viene incentivato l’utilizzo di modelli di cucina rapida attenta alla dietetica, che utilizza sistemi di cottura come il vapore o strumenti di nuova concezione come il forno a microonde.
Se da un lato il cibo unisce, si sta facendo sempre più forte la questione del cibo identitario sostenuta anche dal potere economico collegato. I nomi degli ingredienti dei cibi spesso rivelano i paesi di provenienza. Per esempio le parole zucchero e pepe hanno radici sanscrite che testimoniano la provenienza dalle Indie, la parola mais deriva dalla lingua taino degli amerindi, peperone, fagioli, cacao, cioccolato, avocado derivano da termini aztechi perché crescevano spontanei in Messico, la parola caffè deriva dalla lingua etiopica denunciando così la sua origine africana. Così si sono identificati i paesi progenitori e si definisce il concetto di cibo identitario.
L’Unesco ha dichiarato la dieta mediterranea “Patrimonio culturale immateriale” e sta portando avanti una lista (finora 19 in tutto il mondo) di prodotti “Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità”: la feta greca, il ceviche peruviano, la baguette francese, la birra belga, la pizza e l’arte del pizzaiolo italiana, il coucous magrebino, il kimchi coreano…
Ultimamente hanno fatto la comparsa diete di tutti i tipi, sia quelle provenienti da altre culture come vegetarianismo, veganismo, crudismo, macrobiotica, sia la gastronomia molecolare nata sul finire dello scorso millennio, un modo di approcciare la cucina dal punto di vista scientifico, sia la paleo-dieta ispirata liberamente all’alimentazione dei nostri antenati. Nel 1988 nasceva sulla costa ovest degli Usa la “cucina fusion” col massimo interesse per le contaminazioni culturali con l’Asia. La cucina fusion diventa anche un fatto culturale che racconta la storia coloniale di un paese o di un’area. La nouvelle cuisine nasce negli anni ’70 in Francia nel tentativo di rendere più salutare la cucina francese troppo imperniata su salse sughi e condimenti e metodi di elaborazione lunghi e complessi. Venne stilato un decalogo*, leggendo il quale ritroviamo tutti i principi della gastronomia moderna.
*1. Non cuocerai troppo
2. Utilizzerai solo prodotti freschi e di qualità
3. Alleggerirai il tuo menu il più possibile
4. Non sarai sistematicamente modernista
5. Ricercherai il contributo di nuove tecniche
6. Eviterai marinate, frollature, fermentazioni…
7. Eliminerai le salse e i sughi ricchi
8. Non ignorerai la dietetica
9. Non truccherai la presentazione dei tuoi piatti
10. Sarai inventivo
Ho osservato recentemente che nei film asiatici, in cui si intravvedono più che da noi barriere psicologiche e gerarchie sociali, si ricorre spesso alla consumazione comune di pasti allo scopo di abbattere differenze e creare legami. Forse è per questo che in tutte le tv del mondo fioriscono trasmissioni tenute da chef per la preparazione di cibi. È comunque un dato di fatto che la consumazione conviviale di un pasto induce un senso di partecipazione che può superare le barriere e sconfiggere la solitudine.
È bello quando viaggiamo conoscere attraverso i cibi differenti la storia e la cultura dei paesi che visitiamo.
Questo corso nasce per cercare la provenienza dei principali alimenti legandoli a territori e culture locali ecco il perché del titolo
CIBI DAL MONDO, ORIGINI TRADIZIONE E CULTURA
Faremo trattazioni monografiche distinguendo
CIBI STORICI e CIBI NOVITÀ, BEVANDE, SPEZIE e CONDIMENTI.
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